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Nell'oscurità

È notte fonda. La pelle sudata funge da collante per gli abiti sottili che ti ricoprono; i brividi ti sconvolgono in brevi, gelidi tremiti. Ti guardi intorno spaurito, gli occhi iniettati di sangue e le labbra secche schiuse, in attesa di un segnale della sua presenza. Non devi attendere molto per riceverne uno: tradisce la sua vicinanza, è qui per te, per ferirti ancora una volta. Scatti all'indietro, portando istintivamente una mano al viso imperlato. Senti la tua stessa puzza mentre scalci all'indietro, allontanandoti dal tuo giaciglio bollente; non puoi restare lì, non vuoi restare lì. Ti allontani, dapprima gattoni e poi levandoti per permetterti di essere più veloce. Continui a scrutare nell'oscurità nella speranza di aver macinato abbastanza distanza fra voi due, senza pensare alla stanchezza che ti avvolge o ai capelli che s'intrecciano sulle tempie bagnate; avrai tempo per occuparti anche di quello, ma ora è il tempo di procacciarti dell'acqua fresca. Il calore è terribile e non ti permette di ragionare lucidamente: svolti con i piedi scalzi e le gambe nude, dirigendoti con più calma in petto verso la meta, quando... Ti volti alla tua destra, scattando lateralmente con un'imprecazione soffocata. Al buio è così difficile vedere qualcosa che hai colpito involontariamente qualcosa con le gambe, nonostante la tua profonda conoscenza dell'ambiente circostante; nella speranza di non aver causato qualche grave danno di cui potresti pentirti in futuro, torni a occuparti del tuo principale problema. Il rumore è tornato, testimone inconfondibile della vostra lotta eterna. Senti l'adrenalina scorrerti nelle vene: i piedi, unica parte fredda del tuo corpo accaldato, si susseguono in una lenta camminata all'indietro nonostante il dolore ai polpacci causato dall'urto. Il rumore torna ad affiancarti: scivoli di lato e le tue mani si muovono rapidamente, intenzionate a proteggerti ancora una volta. La mancina scatta verso sinistra, incontrando il freddo «click» di un interruttore. Luce fu. Gli occhi abbagliati, intanto, seguono la direzione della mano libera: il movimento è chiaro, preciso e segue la tua nuova preda e non più predatore. Splat. Il volo termina contro le mattonelle immacolate della cucina, ora tristemente adornate di rosso e nero. Ti gratti la spalla destra con nonchalance. «Maledette zanzare» mormori infine prima di dirigerti verso il frigo.



 

Questo racconto è stato inviato in anteprima agli iscritti alla newsletter nel settembre 2016. Se vuoi ricevere anche tu materiale in anteprima, ricordati di iscriverti alla newsletter nella Homepage del sito: è gratuito e non riceverai mai spam!


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